Si fa un gran discutere, in questi giorni, sull’articolo 18: una nuova moda mediatica, che peraltro ripropone un argomento vecchio di molti anni (perlomeno dall’avvento di Berlusconi sulla scena politica) e contribuisce ad offuscare il dibattito vero che andrebbe fatto, quello sui diritti, su come creare nuovi posti di lavoro reagendo alla crisi e soprattutto su come trasformare il lavoro in qualcosa che dia dignità alle persone piuttosto che toglierla o ridursi a mero mezzo per raggranellare uno stipendio. Poi c’è la sicurezza, anche quella totalmente dimenticata, eppure le statistiche non sono diverse da qualche tempo fa quando per un periodo fu molto di moda sui giornali parlare di “morti bianche”
A venti anni dall’entrata in vigore della Legge 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ancora si continua a morire e la grave crisi economica ed occupazionale non ha ovviamente contribuito a ridurre il numero delle vittime. C’è meno lavoro, ma le vittime sono sempre moltissime
Nei primi sette mesi dell’anno 2014 in Italia sono morte 413 persone, cinque (di cui 2 ‘in itinere’, cioè mentre si stavano recando al lavoro) anche nella Provincia di Arezzo.
Come detto il calo di occupati e di ore lavorate avrebbe dovuto portare naturalmente a una flessione, ma questa non è avvenuta. La situazione risulta ancora più allarmante se pensiamo anche al numero degli infortuni non mortali, di piccola o media entità, alcuni dei quali spesso nemmeno vengono denunciati.
L’unico effetto della crisi economica in Italia pare quindi essere quello di una nuova perdita di attenzione a dettagli che poi diventano fatali, senza peraltro nessun sostegno alle aziende affinchè abbiano a disposizione ed investano risorse per migliorare la situazione ed evitare tragici episodi. Puntare maggiormente sulla prevenzione e sulla formazione, in particolare delle fasce giovanili, utilizzando anche i canali scolastici è quindi assolutamente necessario.
Su questo auspichiamo, nell’attesa che il tema torni all’attenzione mediatica nazionale e che alla ‘moda’ seguano fatti e decisioni concrete del Governo, un maggior impegno anche dei nostri Comuni. Sviluppare reti di collaborazione fra vari soggetti per aumentare i presidi e lavorare su campagne di prevenzione e attenzione il problema potrebbe essere una sfida interessante e utile anche per i nostri Comuni