E’ in corso da ieri, su tutti i social networks e sugli organi di stampa, una sorta dil pianto collettivo per la chiusura de L’Unità, il mitico giornale che nel 1924 fu “fondato da Antonio Gramsci” e dopo 90 anni sembra arrivato al capolinea definitivo. Ovviamente il pensiero va ai colleghi che perdono il lavoro, ulteriore colpo negativo in un “mercato” alla frutta come quello del giornalismo, senza più diritti e dignità ormai da anni. A loro, ovviamente, va tutta la solidarietà.
Oltre a questo sono d’accordo con chi afferma che ogni volta che una voce si spegne scompare un punto di vista e la perdita è collettiva. Il mondo è bello perchè è vario e più gente c’è che parla, purchè non lo faccia a vanvera, e meglio è per tutti. Davvero.
Certe sfumature che emergono in tanti dei succitati “pianti” mi lasciano però qualche dubbio.
Prima di tutto è l’ampiezza numerica dei “frignatori” a insospettirmi. Vero che esisteva la versione on line, ma come ha scritto un mio amico romano che ritengo particolarmente illuminato, l’Unità vendeva 28mila copie al giorno. Parecchi che ora piangono, quindi, non la leggevano
Altro dubbio mi viene quando si fanno discorsi quali “è finita un’epoca”, certo condivisibili, ma con due limiti.
Il primo è che ci si accorge solo ora di una situazione che ormai in Italia esiste da anni. E’ evidente che è scomparso un giornale di Partito, quale l’Unità era stata (da un bel po’ non lo era), ma è allo stesso modo evidente che i giornali schierati esistono ancora. Non si definiscono “di partito”, ma di fatto lo sono, perchè comunque cavalcano e sostengono una qualche posizione o un qualche personaggio o gruppo politico.
Il secondo limite è che non si coglie un elemento ancora più determinante che si sta via via affermando: che sono proprio i partiti a non essere più entità libere e indipendenti. Nel nostro paese essi, in stragrande maggioranza, stanno diventando soggetti portatori non di idee proprie, ma delle idee di qualcun altro.
E’ così che ad “avere una visione propria” si sta definitivamente sostituendo lo scrivere o il fare politica seguendo una linea che compiaccia chi ci finanzia, decretando così la morte del giornalismo e della politica per come dovrebbero essere intesi.
Il vero dramma non è quindi la sparizione de l’Unità, ma che in Italia (salvo rarissimi casi) non esista da un sacco di tempo la stampa indipendente e in breve tempo potrebbe nemmeno più esistere la politica indipendente.
Il grande pianto che tutti dovremmo fare, quindi, è un altro. Lo dovremmo fare dopo esserci resi conto dell’impossibilità, nel nostro paese, di tirare avanti un giornale senza avere qualcuno che conta a sostenerci. Lo dovremmo fare perchè da noi se si dice quello che si pensa e non ci si fa condizionare da nessuno difficilmente si va avanti