Se penso al Primo Maggio mi viene inevitabilmente in testa una citazione da Lo Stato Sociale, una delle poche band capaci di dire davvero qualcosa di interessante nel panorama musicale “indie” italiano odierno: Il Lavoro debilita l’uomo. Contenuta all’interno di “Cromosomi“, un pezzo che in modo ironico e disilluso passa in rassegna lo stato mentale di un lavoratore medio in Italia nell’epoca della crisi, è secondo me una massima capace di riassumere cosa rischia di diventare, se già non lo è, il lavoro ai tempi nostri
Il concetto di lavoro per gli esseri umani è nato indubbiamente come strumento di sopravvivenza, ma con l’evoluzione storica e coi miglioramenti delle condizioni oggettive di vita esso avrebbe potuto iniziare ad assumere un valore diverso: in un’epoca di modernità e progresso vero non si dovrebbe più lavorare per sopravvivere, considerando l’attività lavorativa come mero sacrificio, ma si dovrebbe lavorare per realizzarsi ed essere felici, utilizzando così il lavoro per completare un percorso di crescita che è non solo un diritto, ma è anche un dovere dell’essere umano
Questo concetto, con la crisi odierna, è totalmente scomparso e siamo nuovamente obbligati (salvo rari casi fortunati, nei quali tendo a inserirmi poichè ho il privilegio di fare un lavoro che mi piace) a lavorare per sopravvivere, lasciando da parte ogni altra velleità, costretti ad accontentarci, a prendere quel che c’è, ad accettare tutte le condizioni, di fronte al ricatto che senza lavoro non si mangia e che ci sono migliaia e migliaia di persone che il lavoro non ce l’hanno, lo cercano e sarebbero disposte a tutto pur di averlo. In questo scenario per tantissimi, giovani e meno giovani, il lavoro avvinghia le vite e non riesce comunque a dare pace ad esse: si tramuta così da strumento per realizzare i sogni a un quasi incubo
E’ su questo che vorrei si riflettesse oggi: che ci ricordassimo che è possibile anche qualcosa di diverso e quel qualcosa di diverso deve rimanere un’aspirazione viva, anche nei momenti di crisi.