Ha senso parlare ancora di donne o questione femminile nel 2014? Ha senso la giornata del’8 Marzo oggi? Si, credo proprio di si. Nel 2014 come nel 1946, anno in cui venne sancito il diritto di voto alle donne, ci sono ancora conquiste che le donne devono fare e per le quali vale la pena riflettere, discutere e lottare. Sono conquiste diverse, né più né meno importanti, ma conquiste necessarie in questi tempi difficili sia dal punto di vista sociale che economico: parlo di conquiste legate alla dignità e alle pari opportunità che le donne hanno diritto di avere nella vita familiare, sociale ed economica.
Non mi voglio soffermare sulle forme di violenza crescente a cui stiamo assistendo in questi anni e che meritano un ragionamento a parte ma su quello che sta accadendo sul fronte del lavoro. In questi anni di forte crisi economica sappiamo che sono aumentate le disuguaglianze e non solo quelle tra ricchi/poveri, tra occupati/disoccupati ma anche tra chi aveva diritti acquisiti e chi diritti precari e mi riferisco alle donne. Perché il diritto al lavoro per le donne non è veramente ancora un diritto acquisito nella nostra società: negli anni 80/90 quando il lavoro c’era si iniziavano a vedere donne al lavoro con un ruolo importante (le cosiddette donne in carriera) ma in realtà questa non era una vera e propria conquista perché presupponeva un sacrificio nell’ambito familiare (tanto che a volte la donna in carriera era definita con un accezione negativa). E a maggior ragione oggi che il lavoro non c’è chi viene più sacrificato è inevitabilmente la donna; è a noi donne che il mondo del lavoro fa pagare il prezzo della crisi.
Oltre a doverci prendere cura di tutta la famiglia sopperendo a dei servizi di welfare sempre più inadeguati, ci troviamo anche di fronte a problemi lavorativi che sono evidenti già a partire dall’ingresso nel mondo del lavoro, ma anche nell’accesso a ruoli manageriali o almeno paritari e non meno qualificanti, nelle differenze salariali, nella pratica delle dimissioni in bianco fino alla completa rinuncia al lavoro per motivi familiari. Eppure è dimostrato che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sarebbe un fattore di crescita importante per il nostro paese. Uno studio OCSE del 2012 ha stimato che una riduzione del gap di occupazione femminile fino al suo completo annullamento nel 2030 possa comportare per l’Italia un maggior tasso di crescita annuale del PIL pro-capite del 1% e un incremento del PIL del 20%.
La politica nazionale su questo tema potrebbe fare molto al fine di accelerare il cambiamento e costruire pari opportunità lavorative attraverso la detassazione del lavoro femminile, gli orari di lavoro più flessibili e anche forme di lavoro più snelle come il telelavoro o il part-time in modo da dare possibilità a noi donne di gestire al meglio la nostra vita e il nostro tempo sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare. Sta invece alle amministrazioni pubbliche – e da qui la nostra proposta programmatica per Cortona – creare un territorio a misura di donna, un luogo dove ci siano servizi che aiutano le donne a poter avere un lavoro, se lo desiderano, migliorando, ad esempio, l’offerta degli asili nido con orari più flessibili, rafforzando i servizi di cura dei propri familiari anziani o disabili, agevolando, infine, la mobilità pubblica.