L’articolo del Direttore sulla situazione politica di Castiglion Fiorentino offre lo spunto per alcune riflessioni, soprattutto perchè in esso si analizzano, uno ad uno, i “mali” della politica castiglionese. Il ragionamento viene offerto da chi vede, con cognizione di causa, da una prospettiva esterna, dalla finestra di fronte appunto, centrando il bersaglio molto più di chi si trova immerso quotidianamente nelle diatribe paesane.
Questa versione cd. bonsai della politica nazionale offerta dalla realtà castiglionese, impone un ripensamento radicale anche dell’azione politica. E’ certo che va cambiato registro, dobbiamo essere artefici -e lo dico per primo a me che da questo punto di vista sono un decrepito- di una vera rivoluzione ideale prima che ideologica, sul senso del “fare politica”.
Veniamo da lunghi decenni, e tuttora siamo immersi in questo pensiero dominante, dove si riteneva che la politica andasse misurata con il consenso, quasi che la sacrosanta regola del 51% fosse la via maestra da seguire. Dunque, una politica al servizio del consenso, che ha generato -e genera- tutte quelle aberrazioni delle quali oggi ci si duole. Nelle realtà locali, non è un mistero che le politiche urbanistiche, edilizie, sociali, rispondano a logiche elettorali, dove la bontà di un piano regolatore o di una politica sociale si misurino con l’unica cartina tornasole conosciuta: l’approvazione, il consenso della popolazione.
Va da sé come, nel lungo periodo tale impostazione manifesti le sue crepe, e crei quel sistema tutto autoreferenziale che finisce per essere la tomba anche della cultura democratica di un Paese.
Rompere la logica dominante deve essere l’imperativo della politica, dove il consenso diviene la conseguenza della buona politica, mai il presupposto: anche in questo caso senza esserne soggiogati. Quella invocata “politica alta”, deve a mio avviso partire da questo archetipo, ovvero pensare e programmare avendo una visione, una prospettiva, prescindendo, addirittura dimenticandosi del consenso.
E’ ben noto come il pensiero e le azioni dominanti vadano oggi nel segno opposto, soprattutto nella nostra realtà locale, dove rischia di ripetersi quel triste ed inutile scontro tra fazioni dove si lotta all’ultimo voto, contrabbandando magari il cambiamento per quella che invece è, paradossalmente, una autentica conservazione, perchè generata dal medesimo sentire.
C’è bisogno di costanza, ardimento e di grande determinazione. Perché, anche se il treno sta passando, il cammino è ancora lungo e molto dipende da noi. Sempre se siamo disposti a crederci, ad operare nell’interesse comune, e consapevoli che ciascuno è artefice della sua fortuna.
Massimiliano Lachi
Castiglion Fiorentino, 19 dicembre 2013