I consumi di energia aumentano, ma intanto ad Arezzo…
Negli ultimi 40 anni il consumo mondiale di energia è raddoppiato ed è evidente che le problematiche relative alla limitata disponibilità delle risorse energetiche di origine fossile e all’aumento delle emissioni dovuto al loro utilizzo assumeranno un rilievo sempre maggiore. Il tema dell’efficienza energetica si è ormai palesato nella discussione delle politiche energetiche del Paese, anche se da un punto di vista applicativo sono stati mossi solo i primi passi sia nel settore pubblico che in quello privato.
Inoltre la governance dello sviluppo sostenibile del territorio vede coinvolti molti soggetti istituzionali con il rischio di un frazionamento di presidio a discapito di una visione unitaria, di uno spreco di risorse e di una gestione efficace a livello di sistema.
Partendo da questi presupposti, al fine di fare il punto della situazione sulle tematiche energetiche, la provincia di Arezzo ha organizzato il seminario “Dalle Smart-city allo sviluppo sostenibile del territorio“. L’evento rientra in un percorso che la provincia di Arezzo ha intrapreso da tempo sui temi della sostenibilità ambientale con l’obiettivo principale di descriverne lo stato dell’arte e di gettare le basi per collaborazioni nel settore scientifico e tecnologico, individuando ogni possibile sinergia per progetti comuni futuri e favorire le opportunità di cooperazione tra aziende ed enti pubblici del nostro territorio. Tra le tematiche trattate nel convegno: lo sviluppo sostenibile e il quadro normativo (panoramica dei progetti futuri sul tema della sostenibilità e descrizione del quadro normativo sulle energie rinnovabili); patrimonio ed efficienza energetica (le azioni e gli scenari di sviluppo relativi alla gestione del patrimonio con particolare riferimento a quello culturale); la green economy e le imprese (le opportunità professionali e le strategie energetiche a livello nazionale ed europeo); il panorama tecnologico e le buone pratiche (applicazioni, risultati e sfide tecniche nel settore della sostenibilità ambientale). Intanto è stato presentato l’intervento di efficienza energetica messo in atto dalla provincia di Arezzo relativo alla realizzazione della nuova sede dell’Istituto Professionale per i Servizi commerciali di Poppi (AR) che ha permesso di classificare l’edifico scolastico nella categoria energetica più efficiente descritta dalla normativa nazionale: “La scuola in classe A”. «Il seminario, quindi, intende far riflettere le Amministrazioni locali e i professionisti del settore sulla relazione fra costruito ed ambiente, affrontando sia i temi che caratterizzano il paradigma della Città intelligente sia i temi che riguardano obiettivi fondamentali, come la pianificazione territoriale e le forme alternative di organizzazione e fruizione del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, sia, infine, il tema valore dei servizi eco-sistemici in relazione al funzionamento dei sistemi urbani e territoriali» hanno concluso dalla provincia.
Mobilità alternativa: Firenze la finanzia
Poche ma significative risorse economiche a disposizione per l’acquisto di mezzi ecologici. Si tratta di 50mila euro che l’amministrazione comunale di Firenze è riuscita a recuperare da fondi regionali da destinare a cittadini che vogliono acquistare un mezzo ecologico o trasformare un vecchio veicolo a gas. Questi contributi infatti facilitano il ricambio del parco mezzi, con tutto quello che ne consegue a livello di beneficio per la riduzione dello smog». Nello specifico i veicoli ammessi al contributo con i relativi importi sono: bicicletta elettrica a pedalata assistita: 30% del costo (fino ad un massimo di 200 euro); ciclomotore (fino a 50cc 4 tempi Euro 2) o di una moto (fino a 250 cc Euro 3) con rottamazione obbligatoria, 200 euro; ciclomotore elettrico a 2 o 3 ruote (con potenza oltre i 1000 watt), 750 euro; vettura elettrica o ibrida con rottamazione 2.000 euro (senza rottamazione 1.000 euro); veicolo commerciale leggero (N1) elettrico o ibrido, con rottamazione 6.000 euro (senza rottamazione 3.000 euro). Per quanto riguarda le cifre destinate alla trasformazione dei veicoli a gas: autovetture a benzina Euro 0 a metano (800 euro), a Gpl (700 euro); autovetture a benzina Euro 1 e successive omologazioni (E2, E3..) a metano (1.000 euro), a Gpl (700 euro); veicolo commerciale leggero a metano o Gpl, 2.000 euro. Le domande, corredate della documentazione richiesta dal disciplinare, reperibile sul sito del comune http://www.comune.fi.it, dovranno essere presentate in forma cartacea (non per posta ma solo di persona o con delega) presso l’Ufficio Nuove Infrastrutture e Mobilità in via Mannelli, 119/i secondo piano. Nelle richieste dovrà essere riportato il codice IBAN (i pagamenti saranno effettuati soltanto tramite bonifico bancario).Gli uffici sono aperti per l’accettazione delle domande mercoledì 4, 11 e 18 dicembre (dalle 9 alle 13) e giovedì 5, 12 e 19 dicembre (sempre dalle 9 alle 13 e anche il pomeriggio dalle 15 alle 17).
Si sprecano cibo ed energia… e intanto si muore di fame
Secondo alcune stime Fao, un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano è perduto o sprecato: 1,3 miliardi di tonnellate all’anno. Nei Paesi in via di sviluppo oltre il 40% dello spreco si verifica nelle fasi post-raccolta e lavorazione, mentre nei paesi industrializzati oltre il 40% avviene a livello della grande distribuzione e domestico. Infatti lo spreco pro capite in Europa e Nord-America è di 95-115 kg all’anno, mentre in Africa sub-sahariana e nel Sud-Est asiatico è di soli 6-11 kg. Le conseguenze sono evidenziate da altri numeri anch’essi noti e forniti ancora dalla Fao: nel mondo ci sono 870 milioni di persone affamate o malnutrite, 2 miliardi di persone che soffrono di carenze da micronutrimenti e 3,5 milioni di bambini sotto i 5 anni che muoiono agni anno per cause legate alla malnutrizione. Ma l’altra faccia della stessa medaglia è rappresentata dal 20% della popolazione mondiale che è in sovrappeso. Tra l’altro la questione del cibo è legata anche ad un altro grande tema che interessa l’economia e l’ambiente: quello energetico. In Italia il 3% del consumo di energia è imputabile agli sprechi alimentari, percentuale che equivale ai consumi energetici annuali di 1.650.000 italiani, o all’ 85% dei consumi finali del comparto industriale di una regione come l’Emilia Romagna, secondo le stime dell’Università di Bologna, su dati Last Minute Market ed Enea. E ancora. Con lo spreco energetico causato dalla produzione agricola rimasta in campo (oltre 1,5 milioni di tonnellate, pari al 3,2% della produzione totale) si potrebbero riscaldare per un anno 400.000 appartamenti di classe A (stime Unibo su Valori Eni).
Tra le dieci città più vivibili del mondo neanche una italiana
Le metropoli del pianeta Terra, crescono in dimensioni e popolazione alla pari con i dati demografici globali, e, purtroppo, vivere in città che offrono la qualità della vita che ci meritiamo è quasi un’utopia. Molte città crescono secondo una logica irregolare, priva di pianificazione e di interazione con l’ambiente, ma ci sono delle piacevoli eccezioni che meritano tutto il riconoscimento da parte della comunità globale.La Classifica delle città: 1) Reykjavik, la capitale dell’Islanda, è stata indicata come la città più verde del mondo. L’utilizzo delle energie rinnovabili è massiccia. Gli islandesi, stanno cercando di sfruttare al meglio l’enorme potenziale geotermico, che rappresenta, di fatto, la maggiore fonte energetica del paese. 2) San Francisco, California, è conosciuta nel Nord America come la città “verde”. In cima alla lista tra le città statunitensi più rispettose dell’ambiente, e tra le più innovative per l’uso delle rinnovabili anche a livello globale. 3) In questa particolare graduatoria, incontriamo Malmö (la terza città più grande della Svezia), che rappresenta indubbiamente la realizzazione concreta del concetto di città sostenibile per aver deciso già da molti anni di utilizzare prevalentemente le energie rinnovabili e promuovere il mantenimento e l’aumento delle aree verdi. 4) Vancouver, che si trova in British Columbia, è la città più verde del Canada, la seconda del Nord America e la quarta assoluta della classifica mondiale in tema di ambiente. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere Vancouver la metropoli più integrata con l’ ecosistema a livello mondiale entro il 2020. 5) Portland (Oregon), negli Stati Uniti, è citata in questo elenco virtuoso per essere stata, tra le prime città in tutto il mondo ad affrontare le complesse tematiche relative alla tutela ambientale ed ad aver adottato rigorosi provvedimenti legislativi ad hoc. 6) Curitiba, in Brasile, che si colloca al 6° di questa speciale classifica ecologica è di gran lunga la città dove si registrano i parametri più alti in tema di rispetto dell’ ambiente. Circondata in buona parte da una corona rigogliosa di boschi, con oltre un migliaio di spazi pubblici in intimo contatto con la flora e la natura, Cutiriba è, realmente, l’ ambiente ideale in cui vivere e far crescere i propri figli. 7) Copenhagen, Danimarca, dove l’ uso della bicicletta (entro pochi anni la userà come mezzo di locomozione principale la metà della popolazione danese) e le condizioni delle piste ciclabili sono tra le migliori al mondo , unitamente alla gestione delle infrastrutture per la creazione di energia pulita e rinnovabile. 8) Stoccolma, capitale della Svezia, è la seconda città svedese indicata nella classifica “verde”, a testimonianza del fortissimo impegno che questa nazione sta profondendo ormai da molti anni nell’ affrontare le principali criticità ambientali. 9) La prima città tedesca della lista verde è Amburgo che da molti anni si distingue per il suo forte impegno a tutela dell’ ambiente. 10) Bogogotà, capitale della Colombia è un esempio concreto del successo delle politiche di tutela ambientale conseguito con il ricorso massiccio al trasporto di massa, la rivitalizzazione e la manutenzione di più di un migliaio di aree verdi, la drastica riduzione degli inquinanti atmosferici (grazie all’ introduzione della tassa sul gas per disincentivarne l’utilizzo).
L’ARPAT controlla
Sintesi dei controlli svolti da ARPATdell’anno 2012 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti da allevamenti. Il Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana (DPGRT) 8/9/2008 n. 46R disciplina le procedure e modalità per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari nonché delle acque reflue agroalimentari. L’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento è consentita a condizione che sia garantita la tutela dei corpi idrici, sia prodotto un effetto concimante o ammendante del terreno, sia assicurata l’adeguatezza ai fabbisogni della coltura dei quantitativi di azoto, siano rispettati i tempi di distribuzione nonché le norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistiche. Gli allevatori di animali che intendano spandere sul suolo adibito ad uso agricolo gli effluenti zootecnici (liquami e letami) devono darne comunicazione al proprio Comune almeno 30 giorni prima dell’inizio dell’attività. Il Piano annuale delle attività di ARPAT del 2012 definito in base alla carta dei servizi (riga 19 “Controllo delle operazioni di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento”) prevedeva verifiche su 12 aziende. Riportiamo la sintesi dei controlli effettuati da ARPAT nell’anno 2012 sull’utilizzazione agronomica degli effluenti da allevamenti (art. 112 del D.Lgs 152/2006), sulle 12 aziende dislocate nelle province di Arezzo (3), Firenze (2), Grosseto (3), Livorno (1), Pistoia (2) e Siena (1): Esito accertamenti: ARPAT ha riscontrato irregolarità amministrative e/o penali su 3 insediamenti, di cui 2 nella Provincia di Grosseto ed 1 nella Provincia di Pistoia sostanzialmente riguardanti la gestione degli scarichi e la mancanza di comunicazioni o di documentazione o di autorizzazioni (in un caso di AIA Autorizzazione Integrata Ambientale). Di conseguenza sanzionate ed oggetto di proposta agli enti per l’adozione dei provvedimenti di competenza.
Energia e Futuro
Si chiama Solarkiosk ed è il primo chiosco al mondo a energia solare. Si tratta di un’idea dell’omonima azienda tedesca, pensata per le aree del pianeta non raggiunte dalla rete elettrica (off-grid), in particolare per i paesi in via di sviluppo. Solarkiosk è un chiosco dotato di pannelli solari fotovoltaici sistemati sul tetto, in grado di produrre energia elettrica per l’illuminazione, per la ricarica di telefoni cellulari e di piccoli elettrodomestici. Questa particolare struttura è stata ideata per le necessità dei paesi in via di sviluppo, specialmente per quelle aree non raggiunte dalla rete elettrica, dove anche solo ricaricare un telefono cellulare, può significare viaggiare per giorni. Stiamo parlando di un mercato ipotetico di 1,5 miliardi persone, di cui 800 milioni solo in Africa. Grazie alla luce solare Solarkiosk può rimanere illuminato durante la notte e fornire utile energia agli abitanti dei villaggi interessati. Secondo gli intenti dell’azienda tedesca, il chiosco avrà, oltre alla finalità commerciale, anche una funzione sociale e di aggregazione. Ogni chiosco è composto di un kit che può essere assemblato direttamente sul posto. Si tratta di strutture leggere che non richiedono container e che possono essere facilmente trasportate in aree remote, in casi estremi, scrive l’azienda, anche a dorso di mulo.
Rapporto Fillea-Cgil/Legambiente: con l’efficienza energetica 600mila nuovi posti di lavoro
Con i nuovi fondi europei 2014-2020, in Italia potranno essere mobilitate risorse pari ad 7 miliardi di euro, creando almeno 600mila nuovi occupati nel solo settore della riqualificazione energetica degli edifici. Questi i dati più eclatanti contenuti nel Secondo Rapporto Oise (Osservatorio Innovazione e Sostenibilità nel settore edilizio) di Fillea Cgil e Legambiente, presentato a Roma lo scorso 18 novembre e dal titolo “Costruire il futuro”. Il corposo Rapporto (vedi riferimenti) intende offrire al comparto edilizio alcune possibili soluzioni per uscire da una crisi che negli ultimi 6 anni ha portato alla chiusura di 12mila imprese, con conseguente perdita del posto di lavoro per centinaia di migliaia di persone. La nuova programmazione dei fondi europei 2014-2020 assegna una quota significativa di finanziamenti proprio agli interventi di riqualificazione edilizia in chiave sostenibile e, stavolta, l’Italia non può permettersi il lusso di non utilizzarli al meglio, come troppo spesso accaduto in passato. Ancor più se si considera che diversi obiettivi in materia di efficienza energetica sono stati resi cogenti con le Direttive 2010/31/Ue (Direttiva Epbd – Prestazione energetica nell’edilizia) e 2012/27/Ue (Direttiva sull’efficienza energetica). Uno dei principali problemi per l’attuazione di tali proposte è dato dall’assenza di una regia nazionale e dalla conseguente confusione di responsabilità rispetto a chi si debba occupare di efficienza energetica tra Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell’Ambiente. E’ quindi auspicabile un coordinamento nazionale, per indirizzare al meglio le azioni delle Regioni ed evitare il rischio che i fondi 2014-2020 possano fare la stessa fine di quelli delle precedenti programmazioni. E’ ormai convinzione diffusa che una riconversione in chiave ecosostenibile del mondo delle costruzioni potrà essere il volano della ripresa economica. Ora Fillea e Legambiente offrono al Governo e a tutti i decisori pubblici un’ampia gamma di opzioni per far sì che questo auspicio diventi realtà operativa.
Energia dalle onde elettromagnetiche
Secondo uno studio realizzato da un team di ricerca della Duke University’s Pratt School of Engineering, sarà possibile catturare segnali a microonde e produrre energia grazie a un nuovo dispositivo economico ed efficiente. Si tratta di un apparecchio in grado di convertire i segnali a microonde in corrente elettrica per ricaricare, ad esempio, la batteria di un cellulare o uno smartphone. Il principio è simile a quelli dei pannelli fotovoltaici, che convertono la luce solare in elettricità, ma questo nuovo apparecchio può essere sintonizzato in modo tale da raccogliere il segnale di altre fonti di energia, come ad esempio, il segnale dei satelliti, il Wi-Fi o una fonte sonora. Il segreto di questa nuova applicazione sono i metamateriali (vedi Riferimenti), materiali creati artificialmente con particolari proprietà elettromagnetiche che possono catturare varie forme di energia dell’onda e sintonizzarla per diverse applicazioni. Il nuovo dispositivo è composto di un circuito elettrico che impiega una serie di cinque conduttori di rame e fibra di vetro, collegati insieme per convertire le microonde in 7,3 V di elettricità.
Clima, la Cop19 chiude con un compromesso al ribasso: a Varsavia niente «impegni»
Nuove accuse dei Paesi in via di sviluppo a quelli sviluppati: dove sono i finanziamenti promessi? Alla 19esima Conferenza delle parti (Cop19) dell’Unfccc che doveva chiudersi venerdì e che è continuata per un altro giorno a Varsavia, i Paesi sviluppati e le economie emergenti hanno raggiunto un compromesso dell’ultimo minuto per evitare una rottura delle trattative Onu sul clima. Sabato Cina ed India si sono scontrati con gli Usa ed altri Paesi sviluppati sui progetti, le decisioni e le linee guida su quando i Paesi dovrebbero presentare i loro impegni per un nuovo patto per combattere il global warming. I negoziati alla Cop19 Unfccc erano arrivati ad punto morto dopo che la Cina e l’India avevano insistito su un testo che manteneva le “responsabilità comuni ma differenziate” per affrontare il cambiamento climatico, un concetto del quale gli Usa e i Paesi sviluppati vogliono sbarazzarsi insieme alle loro responsabilità storiche per il global warming. Alla fine è stato raggiunto un compromesso nel quale la parola “impegni” è stata sostituita dalla meno impegnativa “contributi”. Ancora una volta i Paesi sviluppati sono stati accusati da quelli in via di sviluppo di non rispettare la promessa fatta a Copenhagen nel nel 2009 di aumentare gli aiuti climatici a 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020 e a 10 miliardi di dollari all’anno nel periodo 2010-12. I Paesi ricchi si rifiutavano di stabilire obiettivi per 2013-19. Un progetto di testo esortava semplicemente le nazioni sviluppate a definire “crescenti livelli” di aiuti.
Minieolico: un mercato inespresso in Italia
Si moltiplicherà per 5 nei prossimi 7-8 anni: il mercato mondiale passerà dai 609 milioni di dollari del 2012 a 3 miliardi nel 2020 e la potenza crescerà da 728 MW a circa 4,7 GW. Lo prevede un report di GlobalData. Ma sulla strada dello sviluppo ci sono i soliti ostacoli: burocrazia e accesso al credito. E in Italia lo sappiamo bene. Il mercato mondiale del minieolico sta per moltiplicarsi per un fattore 5 nei prossimi 7-8 anni: passerà dai 609 milioni di dollari del 2012 a 3 miliardi di dollari nel 2020. La potenza cumulativa installata, nello stesso periodo, passerà da poco più di 728 MW a circa 4,7 GW. Merito degli incentivi introdotti o in via di introduzione in molti Paesi e di una forte spinta in Cina. La previsione arriva da un nuovo report di GlobalData. Il fatturato del settore nei prossimi anni – si stima – crescerà con un tasso aggregato annuo del 22%, e la potenza installata con un tasso del 26,1%. I mercati più attraenti sono Cina, Usa e Regno Unito, che assieme hanno pesato per l’80% della domanda 2012, installando rispettivamente 266, 216 e 118 MW. Le prospettive di crescita più interessanti, come anticipato, sono nel gigante asiatico. La Cina, fanno notare gli analisti, conta oltre 80 produttori di macchine per minieolico e ha una grossa fetta di popolazione che vive in aree rurali, dove la generazione distribuita del piccolo eolico sarebbe ideale. Anche in Gran Bretagna, il mercato con la crescita più rapida nel 2012, ci si aspetta un notevole sviluppo nei prossimi anni, grazie soprattutto agli incentivi e alle semplificazioni amministrative introdotte. Ma il dispiegamento del potenziale del piccolo e piccolissimo eolico – mettono in guardia gli analisti – si trova di fronte anche diversi ostacoli: la crisi economica, l’incertezza normativa, specie nelle procedure autorizzative, l’assenza di sistemi di certificazione e di programmi di net metering. Tutte problematiche di cui abbiamo scritto spesso parlando anche del mercato italiano, che pure offre grandi possibilità al minieolico. Con gli incentivi attuali, in Italia, in un sito con ventosità adeguata, l’investimento in una turbina minieolica (180-230mila euro per 60 kW chiavi in mano) – inclusi i costi di un finanziamento al 100% per 10 anni e con tassi del 5-6% – ha tempi di rientro di 6-9 anni e può portare entrate di 6-8mila euro all’anno per i primi 10 anni e 30-35mila euro all’anno dall’undicesimo anno in poi; questa è la stima che ci ha fornito recentemente in un’intervista Carlo Buonfrate presidente del CPEM, il Consorzio Produttori Energia Minieolica. Insomma, una fonte di entrate ideale ad esempio per integrare il bilancio di un’azienda agricola e per soddisfare i propri consumi elettrici. Eppure nel nostro paese si installa molto meno di quanto si potrebbe: l’accesso al credito è ancora difficoltoso, anche per la mancanza di un sistema di certificazione delle macchine, le rilevazioni anemometriche preventive sono molto costose e le banche non sempre accettano misurazioni indirette, come la cosiddetta re-analisi.
Protocollo di Kyoto, l’Italia ancora lontana dall’obbiettivo
L’Italia non è in linea con il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni, soprattutto perché non ha fornito adeguate informazioni sull’utilizzo dei meccanismi flessibili. Ora dovrà acquistare crediti di carbonio o permessi di emissione. Non poteva evitare prima questa investendo la stessa quantità di risorse in progetti nazionali?
Efficienza energetica:ecco le tecnologie più giovani
Solare termico, pompe di calore, cogenerazione: le soluzioni per risparmiare energia sono tantissime. Il nuovo Energy Efficiency Report dell’Energy & Strategy Group individua le più convenienti per i vari settori. Un potenziale rilevante, frenato dalla mancanza di una cultura dell’efficienza energetica e dall’incertezza del quadro normativo. Le tecnologie per l’efficienza energetica già disponibili e applicabili potrebbero ridurre sostanzialmente i consumi italiani, garantendo nel contempo benefici economici per famiglie, aziende e pubblica amministrazione e creando un giro d’affari da 7 miliardi l’anno. La gran parte delle soluzioni si ripagano velocemente da sole, ma per esprimere a pieno il potenziale restano da superare gli ostacoli noti: mancanza di un’adeguata cultura dell’efficienza e incertezza del quadro normativo. È questo in estrema sintesi quanto emerge dall’ultima edizione dell’Energy Efficiency Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Un lavoro molto interessante che va ad esaminare in dettaglio la convenienza economica, con e senza incentivi, delle diverse tecnologie per l’efficienza energetica nei vari settori: dal residenziale, ai servizi, fino all’industria, senza dimenticare la pubblica amministrazione. Osservando la differenza fra il costo del kWh risparmiato con un intervento di efficientamento e il costo di acquisto o produzione dello stesso kWh da fonte tradizionale, si scopre che quasi tutte le soluzioni per l’efficienza energetica (ad eccezione di chiusure vetrate e superfici opache) sono economicamente sostenibili, in tutti gli ambiti d’applicazione, anche senza incentivi. Il problema è che il tempo di pay-back è in media ampiamente superiore ai valori soglia ritenuti accettabili dai diversi potenziali investitori (1-2 anni in ambito industriale, 2-3 o 5 anni per terziario e pubblica amministrazione e 4-6 anni in ambito residenziale). Se nei conti si includono gli incentivi però le cose cambiano. Il report delinea il «mix ottimale» di soluzioni nei vari ambiti al netto delle misure di supporto. Nell’industria la cogenerazione si rivela la tecnologia più idonea per soddisfare il fabbisogno termico (e parte del fabbisogno elettrico). Nel residenziale, la caldaia a condensazione resta la scelta migliore, battendo pompe di calore e solare termico. La pompa di calore è invece la tecnologia più conveniente per soddisfare il fabbisogno termico nelle banche e nella GDO, mentre nel caso di ospedali e hotel la soluzione preferibile è la cogenerazione (che soddisfa anche parte del fabbisogno elettrico). Insomma, le opzioni per risparmiare energia in maniera cost-effective ci sono. Complessivamente con le soluzioni analizzate da qui al 2020 – stima il report – si potrebbero ridurre i consumi di 297 TWh all’anno, di cui circa 44 TWh elettrici e 253 termici. Un potenziale però solo teorico: la riduzione realisticamente conseguibile, il potenziale “atteso”, secondo gli esperti è un terzo: 96 TWh, ripartito tra 21 TWh elettrici (pari a circa il 6% del consumo registrato nel 2011) e circa 75 TWh termici (pari a circa il 11% del consumo registrato nello stesso anno). È nel residenziale il maggior potenziale «atteso», con circa 51 TWh all’anno al 2020 (54% del potenziale globale). Le tecnologie che possono portare più risparmio? In ambito industriale, cogenerazione (6,24 TWh all’anno) e illuminazione (6,17 TWh all’anno); nel settore residenziale, pompe di calore (36,7 TWh all’anno) e superfici opache (29,6 TWh all’anno); negli altri settori, cogenerazione (4,9 TWh all’anno) e pompe di calore (4,4 TWh all’anno). Che l’efficienza energetica sia poi un’ottima opportunità anche per far ripartire l’economia è noto e lo studio lo conferma. Il raggiungimento del mercato potenziale «atteso» darebbe luogo ad un giro d’affari medio annuo da qui al 2020 di oltre 7 miliardi di euro, di cui circa 2 riferibili alla parte elettrica e 5 alla termica. Anche in questo caso, il settore residenziale, con circa 4,3 miliardi di euro di investimenti attesi, rappresenta il settore cui è associato il maggior potenziale «atteso» (58% del giro d’affari complessivo), seguito dal settore industriale, con un potenziale di 2,4 miliardi (33% del potenziale globale). A frenare l’efficienza energetica – fanno notare dall’Energy & Strategy Group – oltre alla carenza di una diffusa cultura dell’efficienza, che si riverbera in soglie troppo stringenti di tempo di pay-back ritenute accettabili, il quadro normativo, “che seppur ha mostrato indubbi progressi negli ultimi anni, mostra alcune contraddizioni che rallentano la marcia”. Due in particolare le criticità rilevate: la compresenza di diversi sistemi di incentivazione, con conseguente “dispersione degli sforzi” e “l’instabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, che non permette agli operatori industriali di programmare le loro strategie di business”. Da segnalare poi la critica agli sconti in bolletta agli energivori: il decreto “energivori” del 5 aprile 2013, che prevede una riduzione degli oneri generali di sistema per i soggetti industriali ad elevata intensità energetica, si fa notare, risulta un “disincentivo” che “può frenare la diffusione delle tecnologie di efficienza energetica, se si pensa ad esempio che l’incremento del tempo di pay-back per i motori elettrici ad alta efficienza è stimabile fino ad oltre il 10%”.