”..la visione è il risultato creativo del senso del possibile messo al lavoro..”
Emilio Vergani
La frase sopra citata è contenuta in un libro, uscito a fine 2012, intitolato ”Costruire visioni”, sottotitolo ”Fare il mondo come dovrebbe essere”. L’autore del breve saggio, Emilio Vergani, ci introduce al tema della visione, partendo dalla constatazione dell’assenza della stessa, soprattutto se ci riferiamo alla vita pubblica nel nostro paese. Non è solo la politica l’oggetto della riflessione di Vergani. Essa riguarda, fra gli altri, anche il mondo economico e quello sociale. Visionari di un tempo che fu e di cui oggi si sente la mancanza, sono infatti, secondo l’autore, personaggi come Don Milani, Olivetti, Franco Basaglia. Persone che nella loro professione o nella loro attività sono state appunto “visionarie”, in quanto nel loro agire hanno offerto “…a tutti un orizzonte nuovo da abitare..”
Non sono in grado – non rientra davvero nelle mie competenze – di recensire il libro di Emilio. Mi limito a consigliarlo, per quanto esso, nel trattare un tema complesso ed intrigante, lo fa in maniera chiara e capace di stimolare interesse e riflessioni. A me ha colpito, in particolare, l’intreccio fra il senso del possibile e il costruire visioni , soprattutto in relazione al tema della politica e del governare. Fra le tante cose perse o dimenticate, rientra la capacità di misurarsi con la realtà, immaginando di poterla modificare e non solo pianificare. Scrive Vergani: “se la politica è definita solo dai programmi significa che ha rinunciato alla sfera ideale”. Penso che oggi, in gran parte, sia così e che il paventato rischio dell’autoreferenzialità sia ormai un dato di fatto.
Ma quanto è utile oggi usare in politica la dimensione ideale, mettere in campo la visione piuttosto che limitarsi a pianificare l’esistente? Pensiamo al governo locale dove , apparentemente, gli spazi per contributi visionari parrebbero restringersi, relegati in secondo piano dall’urgenza del contingente, della soluzione del problema più o meno spicciolo e immediato. Guardare oltre, immaginare un orizzonte di senso, potrebbe sembrare, in questo contesto, superfluo o addirittura dannoso.
Uscendo dal terreno astratto e prendendo di mira gli appuntamenti elettorali prossimi venturi che riguarderanno anche Cortona e su cui – mi pare con abbondante anticipo – si iniziano a fare ipotesi, è possibile riflettere sul tema, muovendo da un paio di considerazioni oggettive. La prima riguarda la tendenza, sempre più manifesta, di anteporre, a contenuti idee e progetti, la visibilità personale. La seconda muove dalla tesi che non vi siano più differenze riconducibili a principi ideali e valori, ovvero che i diversi schieramenti siano in questo senso tutti uguali, o che comunque le eventuali differenze non debbano pesare o essere considerate in contese “che hanno a che fare con la vita reale dei cittadini”.
La storia del governo del nostro comune ci dice una cosa diversa . Se oggi Cortona è città ammirata e apprezzata non solo in Italia ma in tutto il mondo, se attira tanti turisti e visitatori e se l’intero territorio è considerato luogo del buon vivere, lo dobbiamo in gran parte a madre natura e a chi nel passato l’ha arricchita artisticamente e culturalmente, ma di sicuro anche a chi, più recentemente, compiendo scelte di senso, l’ha consegnata al successo, quando poteva anche non essere così.
Di tali scelte ne cito una, fondamentale ed emblematica: la difesa dal cono collinare da qualsiasi tipo di espansione urbanistica. Non me ne vogliano i teorici del tuttugualismo ma ritengo che tale lungimiranza sia tratto distintivo e persino identitario di un preciso orientamento politico e ideale , che ha che fare con la visione e in particolare con l’idea del bene comune anteposto agli interessi particolari. Si potrà obiettare che avendo sempre governato una parte politica ci manca la prova che altri avrebbero agito diversamente. Per come la vedo io per fortuna ci è mancata. E siccome la fortuna è bene che venga anche un po’ aiutata, riterrei opportuno che, anche per il futuro, in presenza di un quadro politico in profondo mutamento, dove alle tradizionali forze politiche si stanno affiancando soggetti potenzialmente portatori di istanze innovative, queste visioni restino alla base del programma di governo del Partito Democratico. Se altri le condivideranno bene, anzi meglio. Ma questo è lo scrigno visionario del centro sinistra e del PD. Che è stato reso possibile da chi, guardando ben oltre il visibile, ci ha consegnato un testimone che va portato verso altri traguardi, se possibile alimentati da altre, raggiungibili, visioni.