Un paio di settimane fa, armato di santa speranza e tantissime buone intenzioni, ho spedito il mio curriculum vitae (in formato cartaceo con tanto di busta e francobollo!) a trenta tra fabbriche, aziende, associazioni e agenzie varie. Dopo dieci giorni rigorosamente lavorativi, ho avuto la conferma di una poco simpatica peculiarità tutta italiana: nessuno si è degnato di rispondere.
Vero che sono stato io a “bussare alla porta” di quei potenziali datori di lavoro e quindi la mia lettera non era richiesta, tuttavia rispondere sarebbe stata l’espressione della più semplice e gradita cortesia: chi cerca lavoro oggi, in questa grande nazione, non solo parte con un piede nella fossa, ma devo sorbirsi pure la frustrazione di essere completamente ignorato.
Non voglio fare del paternalismo, del moralismo o qualche altro ismo inutile e fuori luogo, tuttavia credo che dare una risposta, anche via e-mail e quindi del tutto gratuita, sarebbe un atto dovuto nei confronti di chi rimette la propria disponibilità, le proprie capacità e perfino le proprie speranze all’attenzione di un imprenditore o di un ente che sia.
Invece nella quasi totalità dei casi, la sola risposta è un inquietante e misterioso silenzio, e intanto i giorni passano, l’economia va a rotoli, i politici a Roma battibeccano come bambini dell’asilo quando invece servirebbero azioni decise e urgenti per risollevare un paese che si sta inabissando come la mitica Atlantide.
Ma questi sono solo i pensieri di uno che ancora s’illude di poter fare lo scrittore, che crede che il mondo sia un posto bello e giusto, ma che in realtà fa semplicemente parte di quella fascia grigia di disoccupati che non rientrano nell’età di apprendistato, e che sono troppo giovani per ripararsi sotto l’ombrello (in realtà chimerico) della riqualificazione di chi perde il lavoro in età “avanzata”.
I saggi dicevano che il silenzio è d’oro: se si applicasse alla lettera il detto a questa situazione, i miei problemi sarebbero finiti perché sarei ricoperto letteralmente d’oro e già in viaggio per il sole e le spiagge dei Caraibi.
Ma si sa, questa è l’Italia, con i suoi tanti pregi e i suoi troppi difetti e, giusto per citare un famoso film con Roberto Benigni e Massimo Troisi, “non ci resta che piangere”, anche se di lacrime, metaforiche o reali, gli italiani ne hanno versato ormai troppe e di questo continuo silenzio sono in molti ad averne fin sopra i capelli.
Il silenzio è d’oro: ah ah ah!
Stefano Milighetti